Scavi

GLI  SCAVI

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Nonostante la ricerca di superficie abbia dato i suoi abbondanti frutti, si stava sempre più concretizzando l’idea che il territorio avrebbe dato altre sorprendenti testimonianze se fossero state condotte delle indagini più approfondite. E grazie alla felice collaborazione con la Soprintendenza poterono iniziare, sotto la sua direzione, alcuni proficui scavi archeologici, che nel corso degli anni hanno permesso di conoscere più approfon-ditamente il territorio e le abitudini di coloro che lo abitarono nell’antichità.

 

Scavi ad Arzene

Tra gli anni 1998-2000 in località Pras di Sora, nel comune di Valvasone-Arzene, venne portata alla luce una tomba a tumulo (1) del IV sec. d.C. con al centro una camera dov’era stato deposto il defunto. La tomba era ben conservata perché ricoperta dai depositi alluvionali di qualche probabile ramo del Meduna. Si è poi constatato che poteva essere una tomba famigliare, in quanto è venuta alla luce una sepoltura posta in un momento successivo ma che ha rispettato la struttura tombale originaria. Purtroppo la minore profondità della sepoltura ha fatto sì che fosse sconvolta dalle attività agricole moderne. Sembra che fosse contenuta in una struttura di laterizi con copertura di frammenti di tegoloni e coppi.

Gli oggetti ritrovati vicino ai frammentari resti ossei, costituiscono il corredo funebre i cui oggetti costituiscono la prova decisiva che l’inumato era di sesso femminile, in quanto si tratta di tipici oggetti indossati delle donne romane. Ulteriori studi hanno confermato che si trattava di un individuo di sesso femminile, di età compresa tra i 21 ed i 40 anni.

La struttura tombale originaria apparteneva invece ad individuo di sesso maschile, che era stato deposto su un fondo di frammenti di laterizi in posizione supina, con la testa rivolta ad oriente, ed aveva un corredo funebre composto da una bottiglietta in vetro, una ciotola-tegame in ceramica grezza, ed una moneta in bronzo che costituiva l’obolo funebre. Per quanto riguarda la cronologia la tipologia della struttura tombale può attribuirsi all’età tardo antica.

In precedenza sempre in questa zona, e precisamente in località Verone-Prai, era venuto alla luce un sarcofago in conglomerato calcare di tipo a cassa a forma trapezoidale con coperchio a due spioventi con grandi orecchie angolari. I frammenti ossei recuperati sembrerebbero indicare la presenza di scheletri di due individui: un adulto ed un bambino o adolescente. Il ritrovamento di alcune perline in pasta vitrea blu e verde, appartenute probabilmente ad una collana, sembra suggerire che uno degli inumati fosse di sesso femminile. La tipologia degli elementi della collana e della tomba indicano un inquadramento cronologico nell’ambito del IV-V sec. d.C.

Nel 2000 venne scoperto in località Pras di Sora (a Sudovest della strada per Domanins e a Nordovest di Arzene) un recinto funerario, su segnalazione di alcuni soci del nostro Gruppo che avevano notato in superficie una concentrazione di frammenti di calcare e laterizi, entro un campo coltivato. Il successivo scavo eseguito dalla Soprintendenza ha portato alla luce due urne di terracotta, di cui la prima (A), maggiormente danneggiata, in argilla rossiccia grezza con una ciotola coperchio frammentata, conteneva pezzetti di un balsamario fittile, di un bicchiere a pareti sottili grigie, e pochi resti di ossa; mentre la seconda (B) era un’olla in argilla bruna coperta da una ciotola rovesciata, con all’esterno due strigili in ferro forse appartenuti al corredo funebre, e un manico in ferro di un recipiente in materiale deperibile, mentre all’interno si recuperavano unicamente le ossa. Dalla tipologia dei contenitori ceramici le sepolture possono appartenere ai primi decenni del I sec. d.C.

Il recinto, orientato secondo la centuriazione concordiese, sembra essere connesso con un insediamento, già indagato, distante qualche centinaio di metri, i cui materiali rinvenuti (un asse repubblicano, un anello in ferro, appliques in bronzo, elementi di carro e bolli laterizi) sono esposti nel Museo di Tesis.

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Scavo in “riva de Barés”

È uno dei siti più importanti della Pedemontana pordenonese, non solo per il pregio dei materiali che ha restituito, ma soprattutto perché ha potuto essere adeguatamente indagato e studiato grazie all’immediata e documentata segnalazione della scoperta alla Soprintendenza da parte del nostro Gruppo.

A 450 m dalla “riva de Barés”, e di fronte agli insediamenti principali posti sopra la stessa riva, nel marzo del 1987 l’aratura di un prato stabile, fortunatamente non molto profonda, ha fatto venire alla luce una necropoli, o più precisamente i resti di una necropoli di età romana, che prese il nome di Necropoli di Grion Presutta.

Durante uno di questi frequenti sopralluoghi, si è potuto osservare, una zona pseudo circolare di non più di 120 m2, leggermente rialzata al centro, nella quale frammisti a terriccio piuttosto scuro si addensavano sassi di piccole e medie dimensioni; zona ai cui bordi si potevano notare macchie più scure nelle quali si concentravano frammenti ceramici di varie tipologie e dimensioni. Da un accurato rilievo di quanto si poteva osservare sul terreno e dalla raccolta di reperti venuti in superficie, tra cui due orecchini d’oro, si è subito compresa l’importanza del ritrovamento. Perciò venne mandata subito alla Soprintendenza, una dettagliata scheda di sito, unitamente ai molti materiali raccolti.

Nella primavera del 1989 la Soprintendenza eseguiva le opportune indagini di scavo che portarono alla luce quattro tombe ad incinerazione in anfora, danneggiate superiormente dalle arature, e numerosi resti riferibili a tombe ad incinerazione distrutte. Il rialzo, purtroppo quasi completamente sconvolto dalle arature, risultò costituito da un recinto quadrangolare o poligonale di ciottoli a secco entro il quale erano ammucchiati piuttosto caoticamente ulteriori ciottoli e terriccio nero che inglobava materiale funerario. Data la cattiva conservazione dei resti fu impossibile stabilire con sicurezza il rapporto tra la piattaforma e la sepoltura; ci si limitò a constatare che le quattro tombe in situ erano deposte esternamente ad essa nei pressi degli angoli occidentali e orientali. Particolarmente interessanti furono i corredi delle tombe 1 e 2 in quanto risultavano associati elementi della cultura La Tène ed oggetti di un territorio romanizzato: una fibula d’argento di schema medio La Tène, su cui erta infilato un anello con castone in pasta vitrea; un balsamario in terracotta piriforme; un bicchiere a pareti sottili; un’olletta di ceramica comune; un bicchiere e un’olletta in ceramica grezza; un vasetto cilindrico di bronzo, ed uno di lega d'argento e altri oggetti di ornamento (tre fìbule, un anello d'argento, uno di ferro).  La tipologia di questo materiale permise una datazione compresa tra la fine del ll sec. a.C. ed i primi decenni del I sec. d.C.

A 5 metri venne individuata una tomba ad inumazione in fossa rivestita da muretto di ciottoli legati con malta. La sepoltura risultò violata in antico: quel che restava del corredo (una lucerna a disco con presa a lingua, una fibula tipo Gurina, due anelli, due monete) era sparso caoticamente nel terreno di riempimento. Le due monete, riferibili sicuramente a fine III o inizio IV sec. d.C., consentono di attribuire ad età romana la seconda fase d’uso del sepolcreto. 

 

Gli scavi nell’area del Molinat

Un’altra aerea che, fin dalle prime ricerche di superficie effettuate dal Gruppo alla metà degli Anni Settanta del secolo scorso, ha restituito notevolissime testimonianze antiche è sicuramente quella del Molinat situata nel territorio del comune di Vivaro. Qui, grazie agli scavi archeologici, sono state effettuate scoperte sia in ambito funerario (la necropoli dell’urna) sia in ambito residenziale (la Villa Rustica).

Per quanto riguarda la necropoli, la sua presenza era già stata notata da membri del Gruppo che nel 1986 avevano visto un’ampia area sassosa, probabilmente la base di un tumulo (masera) spianato, sulla cui superficie c’erano numerose macchie di terriccio nero-grigiastro che testimoniavano la presenza di una necropoli con tombe ad incinerazione. La successiva ricognizione di superficie operata dal Gruppo restituì materiali relativi a corredi funebri (fibule, anelli, bracciale e monete) che sono in mostra nel Museo di Tesis. Nel 2011, approfittando dell’eliminazione della coltura di meli, venne proposta alla Soprintendenza di far eseguire delle brevi indagini e scavi. Avendo dato la ricognizione sul sito un parere favorevole, si poté iniziare lo scavo sotto la supervisione del dott. Frassine, del dott. Francescutto, Conservatore del Museo di Tesis, e con il solito contributo organizzativo dei Soci del Gruppo.   

Gli scavi hanno individuato molte tracce residue di tombe a incinerazione, tre-quattro documentabili tombe sempre ad incinerazione e inoltre una piccola zona con resti di una, ma forse più di una, tomba ad inumazione. Le sepolture ad incinerazione sono risultate, per la maggior parte, con cremazione in situ, cioè direttamente nella fossa, e talvolta anche con particolari varianti, come quella della fossa di cremazione con sopra una “cappuccina”. Nelle tombe sono state recuperate fibule in bronzo e monete di età imperiale, ed altro materiale simile è venuto alla luce anche subito dopo lo scavo.

Ma la zona del Molinat che ha dato le maggiori soddisfazioni è sicuramente quella dove si trova la cosiddetta “Villa Rustica”. Si tratta di un sito archeologico che conservava fino agli Anni ’70 del secolo scorso, ben visibili in superficie, i resti di un grande insediamento rustico di età romana (I-VI sec. d.C.). Il sito si sviluppa su una superficie, in parte ancora a prato, di circa 13.000 m2 ed è situato nel territorio del Comune di Vivaro, e la sua scoperta avvenne nel 1976 quando il Socio Dario Da Prat dopo aver trovato qui parte di una tegola (risultata poi romana), aveva condotto sul luogo quattro amici (diventati poi i Soci fondatori del Gruppo). Da questo momento ci fu un susseguirsi di scoperte accompagnate da un sempre più crescente entusiasmo perché ci si rendeva conto di essere in presenza di un importante brandello dell’antica storia di questo territorio. Le scoperte della base di una grande colonna, spezzoni di muro, frammenti di tegole bollate, e di embrici servirono a far capire l’importanza del sito e quindi anche la sua preservazione, che si realizzò nel 1980-82 con l’acquisto di parte del terreno da parte del Comune di Vivaro. I ritrovamenti continuarono anche negli anni successivi, come l’interessante scoperta di una grande pietra squadrata con attaccata della malta, e ciò contribuì alla consapevolezza che sotto il terreno ci potessero essere ancora delle strutture conservate, e che quindi dovevano essere eseguite delle indagini. Nonostante che nel 1997, durante un sopraluogo voluto della Soprintendenza, il Gruppo avesse portato alla luce un muro intonacato ben conservato, bisognerà attendere fino al 2007 perché lo scavo possa essere realizzato. Questa indagine venne splendidamente incoronata da uno splendido risultato: il ritrovamento di una vasca ipogea, per la raccolta dell’acqua piovana, in muratura e con copertura a volta (di circa 3 x 4 m2 e 3 m. di altezza). Si trattava di una struttura od opera non comune che non aveva eguali a livello regionale, attribuibile alla metà del III sec. d.C.

Gli scavi del 2008 hanno riguardato l’angolo Nord Est della Villa e il contiguo misterioso ipotetico pozzo. Le indagini della zona Nord Est hanno consentito di individuare precise testimonianze delle strutture esistenti in età romana, e di recuperare molti, e talvolta sorprendenti, materiali che sembrerebbero confermare i forti cambiamenti e sviluppi intervenuti nel territorio intorno alla metà del III sec. d.C. Lo scavo dell’ipotetico pozzo ha messo in luce una vera struttura di forma circolare, in grosse pietre, di 2,5 metri di diametro e circa 2 metri di altezza, la cui funzione o uso, e la datazione sono per ora sconosciuti. L’unica certezza è quella che non fosse un pozzo vero e proprio per l’acqua, in quanto il nero delle pareti e la parziale cottura delle pietre portano all’ipotesi di un uso che prevedeva l’utilizzo del fuoco, forse una carbonaia.

 

Scavi del 2016

Nel 2016 il Gruppo ha collaborato con la Soprintendenza a dei sondaggi presso il sito archeologico detto della “Cotoletta” (area del Molinat), da cui provengono una serie di bronzetti d’età romana scoperti già in precedenza dal Gruppo, grazie ad un’accurata ricerca di superficie. Purtroppo le nostre aspettative, riguardo a nuovi ritrovamenti, sono state disattese, in quanto il sondaggio non ha portato alla luce i materiali che si sperava di trovare.

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